Genesi 4, 1-24
Il capitolo 4 del libro della Genesi ci racconta che Adamo ebbe un figlio da Eva e lo chiamò Caino, poi nacque Abele. Abele fu pastore e Caino agricoltore.
Un giorno Caino fece un'offerta di primizie della terra al Signore e anche Abele offrì dei primogeniti del suo gregge. Il Signore volse il suo volto verso Abele e la sua offerta, ma non verso Caino e la sua offerta. Non lo benedisse! Caino ne fu molto irritato. Il Signore disse a Caino: “Perché sei arrabbiato? e perché sei così a terra? Se reagisci dominando la tua forza e indirizzandola verso il bene potrai vivere ancora a testa alta, ma se la indirizzerai verso il male diverrà una forza distruttrice”...
Un giorno Caino stava parlando con suo fratello Abele in mezzo ai campi. All’improvvisoCaino si avventò contro suo fratello e lo uccise. Il Signore disse a Caino: “Dov'è tuo fratello? Che hai fatto? La voce del suo sangue grida a me dalla terra. Tu sarai maledetto, scacciato lontano dalla terra bagnata dal sangue di tuo fratello. Quando coltiverai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti e tu sarai vagabondo e fuggiasco”.
Caino disse al Signore: “Io non posso sopravvivere ad un castigo così grande. Tu oggi mi scacci ed io senza di Te, sarò smarrito e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà, mi ucciderà”. Ma il Signore gli disse: “Chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte più di lui” e gli mise un segno, perché nessuno potesse ucciderlo.
Caino costruì una città ad oriente e tra i suoi discendenti Labal fu il progenitore degli allevatori, suo fratello fu il progenitore dei musicisti, Tubal-Cain, fu il progenitore degli artigiani, ma Lamec avrebbe ucciso un uomo o perfino un ragazzo per un nonnulla.
Se dovessi indicare una frase che riassuma la Riforma protestante, ne sceglierei una di Lutero: “Sono fuggito da un Dio adirato verso di me incontro a un Dio misericordioso”. Questa frase riecheggia nel racconto biblico di Caino e Abele, nel quale i protagonisti non sono i due fratelli, ma Caino e il suo Dio; un uomo violento che fugge da Dio, e un Dio misericordioso che lo incontra e gli apre una via d’uscita.[1]
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Il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha proclamato tempo fa’ un decennio “per il superamento di tutte le violenze”. Tutte: non solo quelle commesse dagli altri, dunque, ma anche quelle che commettiamo noi. Non solo quelle di cui c’informano i telegiornali, ma anche quelle che ci toccano più da vicino, perché ne siamo direttamente coinvolti.
Non c’è solo la violenza in Iraq, in Siria, in Egitto o in Palestina e in Israele. C’è la violenza sui bambini, sugli anziani, sulle donne in tutte le società (compresa la nostra!). C’è la violenza dell’alcool e della droga, la violenza al volante; c’è la violenza di una società che accarezza i milionari, sfrutta i lavoratori e abbandona chi non produce o non rende abbastanza, in tutte le società (compresa la nostra!). C’è la violenza sugli immigrati messi alla porta e quella sulle immigrate gettate sul marciapiede. C’è una violenza che si esprime con le parole e quella che ci cela nel silenzio dei codardi... e c’è la micidiale violenza del pregiudizio.
Noi siamo figli della violenza!
Discendiamo da Caino, non da Abele. Con molto realismo, la Bibbia dice che nostro padre, il progenitore dell’umanità, era un violento, un assassino.
Che noi siamo figli di Caino non ce lo dice solo la Bibbia (che leggiamo poco), ce lo dicono anche i giornali (che leggiamo ogni giorno). E anche se ci riteniamo delle persone pacifiche, incapaci di compiere il male, non ci dobbiamo ingannare: la violenza è assopita dentro ciascuno di noi.
Il racconto di Caino mette in luce un aspetto esplosivo e forse trascurato: il modo in cui gestiamo il risentimento, la frustrazione, l’insoddisfazione, un rapporto deteriorato, un fallimento… Guardandoci attorno c’è da chiedersi dov’era Dio quando ha distribuito le gioie e i dolori dell’umanità?... Caino si ribella, rifiuta di dire “sia fatta la volontà di Dio”. È una situazione che conosciamo anche noi.
Come reagiamo?
È facile rimanere curvati su noi stessi, vedere solo i nostri problemi, vederli più grandi di quelli degli altri… e non riuscire più a vedere nient’altro.
Questa storia lascia cadere come un pugnale le parole sul nostro cuore quando narra che “Il Signore guardò con favore Abele, ma non guardò con favore Caino”: perché a lui sì e a me no? Perché lui è ricco e io povero? Perché lui è sano e io malato? Perché lui è riuscito e io ho fallito? Ecco come una forma di violenza può destarsi pian piano dentro di noi.
La Bibbia racconta la realtà, parla delle ribellioni espresse o inespresse che lanciamo contro Dio o contro chi sa cosa, magari contro noi stessi - in una crisi depressiva - o contro l’altro, contro un capro espiatorio: i figli o gli allievi, il collega o l’asilante, il dipendente, o il primo che ci capita a tiro… il diverso, lo straniero! Il problema di Caino è anche il nostro. Dobbiamo fare attenzione che la sua risposta distruttrice non diventi anche la nostra.
Già!... Dov’era Dio?
Mettiamoci al suo posto. Se noi fossimo stati Dio, in questo racconto, avremmo sbattuto la porta in faccia a Caino. Lo avremmo condannato: non merita di essere più amato, ascoltato. Dio però non gli chiude la porta in faccia. Dio dice: “Nessuno uccida Caino, ha bisogno di un’altra possibilità”: il settanta volte sette del perdono di cui parla Gesù. La possibilità di vedere il rifiuto di oggi trasformarsi nell’accoglienza di domani, il dolore che toglie… e il dolore che da, come nel parto: il dolore di oggi è la grande gioia di domani!
Dio si rivolge a Caino e gli parla. Dio parla a Caino per ben quattro volte. Tutto precipita quando Caino smette di parlare con Abele: quell’improvvisa interruzione del dialogo era stata il segnale premonitore dello scontro, dello scoppio della violenza… Quando non si lascia più spazio alla parola è la violenza ad occuparlo. Quando non si da più spazio ai rapporti umani… entra la morte. I violenti non sopportano le parole, amano “i fatti”. “Fatti, non parole” è anche lo slogan delle ideologie nazionaliste, ma il risultato è davanti agli occhi di tutti!
Dio rida spazio alla parola, al dialogo. Dio parla e parlando apre a un’altra possibilità. È la parola, è il dialogo che crea un’alternativa.
Dio non ha abbandonato Caino. È indicativo che il racconto non finisca con la fuga di Caino, ma con la narrazione di ciò che dopo, con la protezione di Dio, Caino ha saputo fare e hanno saputo costruire i suoi discendenti, diventati edificatori di città, creatori delle arti, promotori di progresso.
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E’ quasi impensabile ritenere di poter eliminare la violenza, ma la si può convertire! La nostra forza può essere indirizzata verso la violenza - come fece Lamec, discendente di Caino, anche lui vendicativo e assassino - o può invece essere utilizzata per creare qualcosa di nuovo, come fecero altri discendenti di Caino.
Dio parla a Caino e parla a noi dicendoci: ricordati che provieni dall’amore del Creatore; dentro di te c’è il seme della vita e della creatività! Domina la forza che è in te, mettila al servizio di opere di vita, non permettere che diventi forza che distrugge!
Questo brano biblico racconta l’allontanamento dell’umanità da Dio, la perdita della nostra identità divina. “Dov’è tuo fratello”?, chiede Dio a Caino (e a noi!). La violenza ci allontana da Dio, perché abbiamo allontanato il fratello da noi!
Viviamo in un tempo nel quale è facile credere di essere circondati da nemici: un tempo in cui vediamo nemici dappertutto... Dio, in Gesù, apre i nostri occhi su tante sorelle e tanti fratelli che ci circondano. Per paura dei nemici ci chiudiamo in noi stessi, per rafforzare la nostra sicurezza accettiamo di rinunciare persino a una fetta della nostra libertà, ma i nostri sforzi accrescono il nostro senso di smarrimento e la nostra insicurezza. Quello che paghiamo, in definitiva, non sarà la morte di nostro fratello Abele? Quell’Abele col quale non riusciamo o non vogliamo parlare? Quell’Abele verso cui nutriamo pregiudizi di religione, di razza o di opinione? Quel fratello diverso che vediamo come nemico?…
In questo nostro mondo c’è tanta arte e tanta poesia, tanta creatività e tanta intelligenza da investire in una vita più giusta per tutti; eppure abbiamo pagato di tasca nostra tante armi da poter distruggere il nostro pianeta più di tremila volte. Siamo saliti sul treno sbagliato. Sarà sicuro e confortevole… ma è il treno sbagliato…
E se scendessimo?!
Se, come come cristiani, ci chiediamo che cosa esige oggi da noi l’evangelo, la risposta mi sembra chiara: siamo chiamati a rispettare la vita. Questo non significa soltanto astenersi dall’uccidere; bisogna anche conservare, proteggere e sviluppare la vita. A questo impegno sono chiamati i cristiani di tutte le confessioni, credenti di tutte le religioni e non credenti.
Non possiamo affrontare da soli tutte le situazioni di miseria che si presentano, ma - come ci hanno insegnato i padri della Riforma - ciascuno di noi può fare la sua parte… e non fuggire più.
“Scegli la vita”, è il monito della Bibbia.
Scegli la vita degli altri e Dio, che è misericordioso, ti donerà anche la tua.
12 febbraio 2014
[1]Traduzione mia e adattamento alla lingua italiana parlata.