Chi è veramente cieco?

Marco 10, 46-52

E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

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Scriveva il poeta Friedrich Hebbel: “L’uomo è un cieco che sogna di vedere”. Su un cieco fisico vi sono però 100 ciechi morali: persone che pur vedendo non vedono!

Marco si chiede nel suo Vangelo chi è disposto a seguire Gesù?

Ecco che sulla scena del Vangelo appare una persona apparentemente meno adatta: una persona che aveva un handicap, un cieco. Si sa che il cieco non può vedere, ma è anche vero che ci sono dei ciechi che sanno vedere cose in modo più profondo di chi ha una buona vista. Sapranno ascoltare... sapranno vedere al di là di ciò che appare. Chi non vede, ma sa ascoltare in modo attento, può anche parlare in modo toccante. Diversamente dalla folla che seguiva Gesù che voleva vedere i miracoli e toccarlo, Bartimeo ascolta e chiama: usa le orecchie e la parola. Questo occorre alla fede: ascoltare, farsi sentire e invocare. 

Il Cristo non chiede altro ai suoi discepoli e alle sue discepole aprire le orecchie e gli occhi e di saper ascoltare e vedere.

Nei capitoli precedenti a questo episodio, Marco ci mostra un Gesù non compreso dai suoi stessi apostoli e che la gente non riusciva a vedere per quello che era veramente! Il Vangelo ci presenta un Gesù che attraversa momenti di smarrimento come noi. 

Quante volte vorremmo affrontare le difficoltà nei momenti di forza, quando siamo convinti e determinati, ma non accade quasi mai. 

La prova la dobbiamo quasi sempre affrontare quando siamo fragili e spossati, demotivati e depressi. Soli. Come a volte si sentiva il Signore.

Gerico era sulla strada per Gerusalemme e Gesù sapeva che quella strada lo avrebbe condotto allo scontro finale, all’arresto, sulla croce e nella solitudine. Sapeva che a Gerusalemme lo aspettava l’incomprensione totale. E la folla entusiasta che ora ha intorno non sarà più la stessa, come sotto la croce i discepoli non ci saranno.

Davanti alle grandi scelte e ai grandi dolori siamo sempre soli, nonostante fossimo attorniati da molte persone, ma dimentichiamo che c’^è molta pi?u gente  che è molto più sola di noi!

Uscendo da Gerico, Gesù incontra Bartimeo, l’unico miracolato di cui il Vangelo ricorda il nome.

Bartimeo è cieco: è ai margini della strada, mentre tutti la percorrono. È immobile, mentre tutti camminano. È cieco, mentre tutti vedono. È come quando, in momenti particolari della nostra vita non riusciamo a vedere una via d’uscita, non riusciamo ad andare avanti. 

La gente di allora lo giudicava. Era un maledetto da Dio per la gente comune, perché se era cieco – secondo la mentalità di allora – aveva sicuramente peccato o era figlio di un peccato dei genitori o di un antenato! 

Per la gente di allora, se Bartimeo si trovava in quello stato era sicuramente perché se l’era meritato!

Aspettando l’elemosina dai pellegrini che stanno salendo verso la Santa Città, Bartimeo sente del trambusto, avverte una gran folla concitata. Chiede, s’informa. Qualcuno dei passanti spiega: passa Gesù il Nazareno. La fama di Gesù è giunta fino a Gerico. Allora si comincia a urlare più che può: “Figlio di Davide”, cioè “oh mio Messia!”.

Cosa chiede?... Pietà!

Molti presero a sgridarlo affinché tacesse” dice il Vangelo. Rasségnati Bartimeo, non disturbare il Signore, che ha altro a cui pensare. D’altronde, se già sei peccatore, perché mai dovrebbe ascoltare proprio te?

Quante volte ci chiedono di tacere! Quante volte noi ci imponiamo di tacere davanti a Dio... per lasciarlo in pace o perché pensiamo che tanto non può sentirci o, come un indaffarato dei nostri giorni, tira dritto perché non può badare alle nostre bazzecole.

Cosa fare in questi casi? Quando il mondo che ci attornia ridicolizza la nostra ricerca spirituale o quando noi stessi banalizziamo la nostra fede? Quando abbiamo bisogno di aiuto e non siamo “visti”. Quando i devoti, i nemici o gli amici c’invitano alla rassegnazione?...

Bisogna gridare più forte!

Bartimeo, cieco, mendicante, seduto sul bordo della strada, grida la sua sofferenza e la sua speranza mentre Gesù passa: Figlio di Davide, abbia pietà di me.

Gesù si ferma: non tira mai diritto... Lui!

Ma per i discepoli (addirittura!) e per la folla, che seguono Gesù in marcia verso Gerusalemme, non è ora di compassione. È ora di fare festa, è ora di acclamare il re che sta per fare il suo ingresso nella sua città in groppa a un asinello accolto agitando rami di palme. In quel tratto di strada si trova finalmente l’attesa di tutto un popolo. Sta per accadere un avvenimento importantissimo. 

È il nazionalismo, è l’ideologia che prendono il sopravvento su tutto! 

Non c’è tempo di badare a un mendicante cieco e la folla rimprovera e tenta di zittire Bartimeo, perché sia muto, perché sia invisibile, perché non sia lì, perché non sia nessuno... come gli immigrati mal tollerati nelle nostre città o dietro ai tanti fili spinati di questa strana Europa cristiana! 

È ben strano che tanta fede, o forse sarebbe meglio dire, che tanto fervore religioso, che spinge la folla al seguito di Gesù la renda insensibile alla sofferenza di un pover’uomo e rimanga indifferente alla sua presenza. 

La mancanza di compassione della folla verso il cieco evidenzia che la folla, che lo vede, lo sente e gli getta qualche spicciolo, non si percepisce nello stesso mondo di Bartimeo, che è il mondo degli invisibili: mondi separati, livelli separati, come fossero due mondi e due umanità diverse. La folla non ha più coscienza di appartenere alla medesima umanità e alla medesima storia di questa miserabile piccola esistenza sul bordo della strada. Perché, allora come oggi, ognuno vorrebbe un mondo senza i tanti Bartimeo. 

La storia c’insegna che, i più agiati di questo mondo invece di alzare il livello di vita di Bartimeno cercano o di non vederlo o di eliminarlo... come c’insegna la Storia. 

Il mondo senza Bartimeo, però, non è più il mondo in cui Gesù cammina ed è presente. Un mondo senza Bartimeo non esiste. L’impazienza della folla di arrivare a Gerusalemme la porta in un altrove inesistente, in un mondo ideale, pulito, ordinato, in pace e benestante. La folla non è più presente nel mondo in cui rimangono Gesù e Bartimeo. Si è assentata, fa esattamente il contrario di ciò a cui Gesù chiama i suoi discepoli lungo il suo cammino e i suoi incontri: avvicinarsi all’altro, essergli vicino... prossimo. 

La mancanza di compassione, il delirio della folla in questo episodio sono espressioni del peccato che separa da Dio, dagli altri e da sé. Chi di noi si china a vedere le centinaia di migliaia di rifugiati ancora ammassati dietro il fino spinato di dell’isola di Lesbo? al confine tra la Turchia e la Grecia? al confine tra la Grecia e la Macedonia? dietro il fino spinato tra la Serbia e l’Ungheria?

Sono diventati invisibili come se il problema fosse diminuito, risolto, mentre centinaia di migliaia di donne, di bambini e di vecchi devono affrontare l’inverno in tende da campeggio senza cibo, senza medicine e in condizioni igieniche inaccettabili.

Così, nel cuore del racconto di Marco, avviene il vero miracolo, che non è quello di ridare la vista a un cieco... ma di ridare la vista alla folla. 

Gesù ferma tutti e dice: “Chiamatelo”.

Come tutti, Gesù ha sentito, ma lui non rimane indifferente. Gerusalemme può aspettare un po’. Un uomo chiede aiuto, questo appello è più importante di tutto. Così, anche se non ha bisogno della folla per aiutare Bartimeo, Gesù si rivolge lo stesso alla folla: “Chiamatelo”, come per dire: “Andate a vedere”, “ascoltatelo”. Come per dire: “diventate prossimo”. 

Ed ecco che la folla obbedisce. Da muro diventa finestra, apre gli occhi e diventa la parola umana della Parola divina.La presenza e il grido di Bartimeo, dell’ultimo degli uomini dell’ultima delle donne, non sono più un disturbo, la folla li accoglie e si rende presente. 

“Coraggio. Alzati. Ti chiama”.

Tre verbi come tre fucilate. Senza congiunzioni, senza aggiunte.

Tre imperativi che aiutano Bartimeo a cogliere il momento straordinario che sta per vivere.

Abbi coraggio!Dice la folla. Non solo chiama Bartimeo, ma lo incoraggia. Dio si accorge di te, vede, ascolta come tu hai saputo ascoltare. Grazie alla Parola che noi abbiamo ascoltato, anche noi ora ti sentiamo e ti vediamo. Bartimeo è ancora cieco, la sua vita non è cambiata di una virgola, ma essere ascoltati, essere visti da forza e coraggio e rimette in cammino.

Alzati!Dice la folla. Abbandona la tua prostrazione, ti porgiamo la mano perché tu riprenda in mano la tua vita, la tua dignità.Gli indica ciò che è veramente in gioco nella presenza di Gesù: “Alzati!” vuol dire “Resuscita!”. La folla e i discepoli sono stati essi stessi risvegliati, resuscitati dalla loro indifferenza nella realtà del mondo in cui Bartimeo è vivo, come loro, di una vita ricca di senso, come la loro.

Ti chiama! Dio chiama continuamente: anche oggi. Non sono i pastori, i missionari, i preti e le suore ad avere la chiamata, ma ogni essere umano. Chiamati a diventare esseri umani, e a migliorare l’umanità, chiamati a scoprire la nostra vera natura e il nostro splendido destino di una umanità pacificata, sazia e fraterna.

A questo è chiamata la Chiesa. Solo a questo. Per questo è nata, per questo esiste. Questa la sua missione, il suo compito, il suo obiettivo.

Incoraggiare. Far alzare le persone ai margini. Dire che ognuno è chiamato.

Tutto il resto viene dopo.

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La filosofa Simone Weil scriveva: “La compassione nei riguardi degli infelici è una impossibilità. Quando si produce, è un miracolo più sorprendente del camminare sulle acque, la guarigione dei malati e perfino la resurrezione di un morto”. La stessa folla che aggiungeva il peso della sua indifferenza alle disgrazie di Bartimeo è divenuta per lui fonte di benedizione.

Inserendo questo miracolo in quello della guarigione del cieco, Marco designa la mancanza di compassione come un handicap almeno tanto temibile quanto la cecità, e la sua guarigione come il preludio ad altri miracoli. Un’esperienza di vita e di fede tanto entusiasmante quanto assistere all’entrata di Gesù a Gerusalemme!

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La predicazione e i comportamenti di Gesù consistevano nell’affermare che, di fronte a Dio, nessun essere umano è condannato, nemmeno colui che, ai nostri occhi, è il più detestabile dei peccatori! No, Dio non è il puntello assoluto del nostro ordine morale, egli vuole uomini vivi, liberati dai fardelli che pesano sulle loro spalle: liberati soprattutto dal loro egocentrismo e dal loro egoismo. 

L’unico fardello che Dio vuole che noi portiamo sulle spalle... l’unico fardello è nostro fratello.

Mi sembra che oggi, non diversamente dalla sua epoca, abbiamo difficoltà ad accettare il messaggio di Cristo e a proclamarlo… a ridare la vista ai ciechi.

A che serve avere gli occhi... se il nostro cuore è cieco?