Le tempeste vanno affrontate
Marco 4, 35-38
La sera di quello stesso giorno Gesù disse ai suoi discepoli: 'Andiamo all'altra riva del lago'. Essi lasciarono la folla e portarono Gesù con la barca nella quale già si trovava. Anche altre barche lo accompagnarono. A un certo punto il vento si mise a soffiare con tale violenza che le onde si rovesciavano dentro la barca, e questa già si riempiva d'acqua. Gesù intanto dormiva in fondo alla barca, la testa appoggiata su un cuscino. Allora gli altri lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, affondiamo! Non te ne importa nulla?».
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Che strano che dei pescatori avvezzi ai pericoli del mare abbiano paura di una tempesta e che questa li colga impreparati… Ma forse agli imprevisti della vita, alle tempeste improvvise e alla paura non ci si abitua mai!
Questo breve racconto del Vangelo è proprio una similitudine della vita e del ruolo che in essa ha la fede.
Tra oscurità e luce, angoscia e pace, tensione e quiete, paura e coraggio tutti noi navighiamo su fragili gusci di noce nella vita, esposti a burrasche previste o improvvise. Noi non abbiamo la capacità di calmare le tempeste che, comunque, si devono attraversare. Ed è proprio in mezzo ad esse che tocchiamo con mano la nostra impotenza e la nostra fragilità.
La vita comunque va affrontata!
A volte, il vento comincia a soffiare quando la nostra barca è ancora ben ormeggiata nel porto, quando voci amiche (…e nemiche!) ci prospettano tutta la pericolosità di quello che ci aspetta, quando i codardi ci spaventano con la descrizione di tempeste che loro non hanno mai affrontato…
La tempesta non vince quando si abbatte su di noi, ma quando la paura di affrontarla ci paralizza, quando il nostro cuore è più piccolo dei nostri sogni e la nostra paura più grande dell’immensità della vita. Paralizzati senza il coraggio di lasciare, di intraprendere, di tentare… di affrontare. Ricordiamoci allora del monito del grande Dante: “Fatti non foste a viver come bruti, Ma per seguir virtute e conoscenza”.
La vita va affrontata!
Dall’episodio della tempesta sedata, che ci narra il Vangelo, è tratto il simbolo della Chiesa come una barca, che naviga illesa attraverso tutte le tempeste e i pericoli della navigazione. Storicamente ha subito e subisce persecuzioni, ha dovuto affrontare l’impatto con la cultura e fare i conti con l’intelligenza umana, in passato come nel presente,- La stessa ancora è un antico simbolo cristiano della stabilità della fede e del Cristo stesso, raffigurata in diverse pitture murali delle catacombe.
La stessa parola “navata”, che indica la parte centrale di una chiesa in cui si raccolgono i fedeli, deriva dal latino navis, nave. Questa simbologia ha una sua linearità mitologica penetrata nella chiesa. Dell’antico mito, in questo racconto, si ritrova anche la notte, l’oscurità di una situazione. Ritroviamo anche la furia degli elementi, delle forze incontrollabili che incombono sull’essere umano. In questa nave Cristo non è al timone, non rema e non ne è neppure il padrone: è presa in prestito solo per il tragitto di quella notte. Cristo dorme sul fondo di essa, come per richiamare quel detto che, per quanto tremende possano essere le tempeste, nel fondo degli abissi c’è sempre calma.
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Perché Gesù dormiva?
Era stanco o perché sapeva che, comunque andassero le cose… era nelle mani di Dio!
Cosa racconta il Vangelo se non proiettare fuori del Cristo ciò che aveva già dentro quando dormiva… la quiete della fede! Non è forse questo il vero atteggiamento di chi ha fede?
La paura fa parte della nostra vita e il vero coraggioso è chi non si lascia soccombere da essa: non chi non è ha. Cristo ci mostra, come vuole farci intendere questo racconto del Vangelo, che la fede fa intravedere quella riva alla quale sicuramente approderemo. Quel è lo scopo della fede se non di insegnarci a metterci fiduciosi nelle mani di Colui che è veramente la nostra salvezza e la nostra forza?
Questo miracolo possiamo compierlo!... calmarci!
Riuscire a calmare le tempeste della vita o attraversarle fiduciosamente è comunque un miracolo. Calmare i venti delle difficoltà o affrontarli serenamente è comunque un miracolo!
La vera quiete non è quella che è fuori di noi, quando siamo immersi nella pace del bosco o a lasciarci cullare dal silenzio della neve che vediamo cadere da dietro la finestra.
La vera quiete è quella che abbiamo in fondo all’animo nostro… e se lì riposa Cristo, allora vi è quiete!