Marco 7, 31-37
« Apriti! »
Poi Gesù lasciò la regione di Tiro, passò per la città di Sidone e tornò ancora verso il lago di Galilea attraverso il territorio delle Dieci Città. Gli portarono un uomo che era sordomuto e lo pregarono di porre le mani sopra di lui. Allora Gesù lo prese da parte, lontano dalla folla, gli mise le dita negli orecchi, sputò e gli toccò la lingua con la saliva. Poi alzò gli occhi al cielo, fece un sospiro e disse a quell'uomo: 'Effatà!', che significa: 'Apriti!'. Subito le sue orecchie si aprirono, la sua lingua si sciolse ed egli si mise a parlare molto bene. Gesù ordinò di non dire nulla a nessuno, ma più comandava di tacere, più la gente ne parlava pubblicamente. Tutti erano molto meravigliati e dicevano: “Fa bene ogni cosa! Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!”.
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La guarigione che Gesù opera nel racconto del Vangelo di oggi fa esclamare alla folla: «ha fatto bene ogni cosa, ha fatto vedere i ciechi, ha fatto udire i sordi!». Anche noi avremmo gridato con la folla per Gesù che sana e salva, ma che oggi a molti lascia l'amaro in bocca.
Perché non lo fa anche oggi? E se lo fa… perché non lo fa a tutti?
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Ho in mente gli ammalati che conosco e le persone che stanno attraversando difficoltà e sofferenze. Non mi sembra tanto vero che Gesù fa bene tutte le cose. Ripenso a quelle giovani madri delle quali ho dovuto celebrare il funerale. Rivedo quelle ragazze e ragazzi che avevo in classe o alle lezioni di catechismo le cui giovani vite sono state stroncate da un incidente o dalla leucemia. Ricordo cari amici e fratelli morti di malattia inguaribile nel fiore degli anni. Dov’era “il guaritore” quel giorno? Dov’era “il Salvatore” che fa bene ogni cosa?
A queste domande vorremmo avere delle risposte: vogliamo sapere cosa veramente vuole dirci il Vangelo di Marco… abbiamo bisogno di capire!
Il rapporto di Gesù con la malattia e la sofferenza è molto particolare. Marco non intende proporre un Gesù “guaritore”, come uno dei tanti che si sentono in giro: un guru che soddisfa ogni esigenza. Gesù non ha guarito tutti i malati d’Israele del suo tempo; non ha dato l’udito a tutto i sordi né la parola a tutti i muti. Migliaia di lebbrosi circolavano sulle strade polverose della Palestina e pochi di essi furono sanati. Migliaia di ciechi disperati chiedevano l'elemosina ai bordi delle strade ma uno solo riebbe la vista.
Gesù non è venuto sulla terra a togliere la malattia, ma a dare una nuova dimensione alla vita nonostante la sofferenza e la malattia!
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Come è successo a me, anche voi avrete sentito qualcuno accettare per amore di Cristo le malattie e le sofferenze. L’ho detto e l’ho fatto anch’io… ma sa più di camomilla che di fede! Sarò chiaro e sincero! Sarebbe meglio non ammalarsi e raramente ho visto gente trovare Dio e la fede nel dolore e nella malattia, anzi... spesso la si perde! La nostra predicazione è scivolata tante volte nella retorica su questi temi, scordandoci che il dolore e la malattia stravolgono una vita e che il più delle volte annegano la fede. E se io dovessi ammalarmi di una grave malattia?... Cosa ne sarà della mia fede?... Questo è il punto! La mia preghiera è che essa possa accompagnarmi tutti i giorni della mia vita!
«Basta la salute!», «quando c’è la salute c’è tutto!». Quante volte abbiamo sentito e pronunciato queste frasi… Io non so se sia vero che basta la salute, anzi mi sembra una stupidaggine, perché ripenso ai funerali di giovani pieni di salute che si sono suicidati. Rivedo le persone in salute e benestanti, che mi hanno aperto il loro cuore perché insoddisfatti, depressi o perché si sentivano vuoti o come smarriti nella vita. Anche su questo sarò chiaro e sincero! Non è vero che “basta la salute”.
A me non basta la salute. Io aspiro alla serenità interiore, desidero l’equilibrio tra fede e ragione. Anche se, dovendo scegliere, propendo a dare maggiore peso alla fede, anche quando non sono sicuro di fare la cosa giusta. L’essere umano, donna o uomo che sia, giovane o carico di anni, vuole immensamente di più, necessita di molte più cose.
Abbiamo bisogno di salute, certo. Ma, molto di più desideriamo la felicità.
Ho visto, commosso, il coraggio rabbioso di certe madri farsi forza per sostenere il figlio handicappato; ho visto il gesto annoiato di chi ha tutto, salute, successo, denaro e buttare la sua vita nell’ago di una siringa. Ho visto gente abbandonare la fede a motivo della sofferenza, della malattia o del lutto e ho visto gente ritrovare la fede a motivo della sofferenza, della malattia o del lutto.
Da giovane ho conosciuto una brillante insegnante di filosofia, molto credente, che a 35 anni fu colpita da una malattia che la incatenò al letto per tutta la vita. Quando la conobbi aveva circa 50 anni. la malattia le aveva tolto la vista e l’uso degli arti: era paralizzata. Le restava soltanto la parola e l’udito, ma non aveva perduto la fede, anzi la testimoniava e lo ha fatto anche con me!
Non è importante quello che hai, salute compresa, ma quello che sei! La salute è certamente un bene preziosissimo, ma non è l’essenziale, perché avendo la salute c’è sempre qualcosa che ci manca… così come ci manca un universo intero quando ci muore una persona cara. Il Cristo è venuto a colmare questo qualcosa. Non è venuto a guarire solo il tuo corpo o il tuo spirito, non a colmare le tue necessità, ma a riempire la tua vita dai vuoti che essa ti ha lasciato e a renderla degna di essere vissuta in ogni situazione d’esistenza.
Più della malattia, più della morte stessa è la mancanza di senso della propria vita che tormenta l’essere umano!
Non è importante quello che hai, ma quello che sei!
L’importante è avere un cuore pieno, colmo. La salute, la giovinezza, il benessere sono certamente importanti se ci sono, ma non sono tutto! Non è Dio che manda le malattie, le sofferenze o le avversità, ma si rende vicino a noi e alle nostre malattie, sofferenze e avversità. Come Gesù che s’imbratta le mani con la terra e la saliva, che si avvicina e si apparta con chi gli chiede aiuto e gli pronunzia quella parola straordinaria: «Effatà!», «Apriti!».
Non dice “riacquista l’udito e la parola”, ma «Apriti!»... apriti a te stesso, apriti agli altri... apriti a Dio.
Il sordomuto del racconto del Vangelo siamo noi... troppo aggrovigliati nei nostri problemi personali che ci fanno chiudere gli occhi, le orecchie e la bocca su noi stessi e sui problemi di chi ci vive attorno. Forse il Signore vuole dire «Effatà!» anche a ciascuno di noi. «Apriti! Coraggio: allarga il tuo cuore. Apriti alla vita. Affacciati a una visione più ampia dell’esistenza».
Si è sordi anche quando si è travolti dai mille impegni, dalle chiacchiere o dalle vuote e aggressive opinioni che ascoltiamo in televisione o nei chiacchiericci con amici o persone incontrate per caso e che non vogliamo sentire. Fatichiamo parecchio, però, anche ad ascoltare il desiderio profondo di senso che avvertiamo nel cuore e – diciamocela tutta! - fatichiamo a metterci in ascolto di Dio.
Siamo sordi! Siamo muti! Non sappiamo più̀ comunicare... non sappiamo aprirci!
Il sordomuto del racconto di Marco sembra l’immagine dell’uomo contemporaneo, solo e narcisista, smarrito e alla ricerca di visibilità̀, concentrato sui suoi problemi personali e sulle sue priorità.
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La sofferenza e la malattia sono una dimensione inevitabile e tragica della nostra vita, che misura la nostra fragilità, che rivela la dimensione del nostro infinito desiderio di gioia e di pace.
È quando siamo guariti nel profondo che siamo guariti in tutto!
Possiamo vivere momenti difficili, per la salute o un lutto o una separazione, attraversare preoccupazioni grandi che vanno affrontate; ma non è quella situazione che procura la vera sofferenza, ma come la affronti. Non è mai la situazione che colma o che svuota il nostro cuore. È difficile da accettare, ma non sono le situazioni che ci rendono felici o infelici: quando tutto va bene o tutto va male, quando la salute, il lavoro, la famiglia vanno bene o male. Tutti abbiamo vissuto momenti in cui pensavamo “se fossi più alto, se fossi bionda, più magra o più magro, se fossi ricco, se avessi un’altra moglie o un altro marito, se fossi più giovane, se fossi in salute, se vivessi in un’altra città o avessi un altro lavoro… se non fosse accaduto... allora sarei felice!”.
Non è vero!
La felicità e la pace nascono dal nostro modo di vedere le cose. È lì che il Cristo ci guarisce: nel profondo, nelle nostre infermità interiori. Gesù fa veramente parlare i muti e ascoltare i sordi: la nostra sordità nell’ascoltare la Parola di Dio o il grido di aiuto degli altri, il nostro mutismo davanti alle ingiustizie o nella preghiera o nelle parole di conforto che gli altri si aspettano da noi.
Il Vangelo di Marco narra che Gesù prende a parte quell’uomo sordomuto e ci dice che il Cristo desidera un approccio personale con noi. Abbiamo tante volte ascoltato la Parola di Dio per abitudine o per cortesia, in cerimonie alle quali abbiamo dovuto partecipare, e le abbiamo lasciate scivolare sulla nostra vita come la pioggia scivola sull’ombrello, non come quando penetra e feconda la terra. Si rispetta la religione... ma la fede vuole portarci oltre i confini della razionalità: e per l’uomo di oggi questo è inaccettabile.... anzi è disprezzabile. Nel racconto della guarigione del sordomuto Gesù usa materie disprezzabili, come disprezzabile agli occhi di molti è la fede: usa il fango e la saliva. Usa l’irrazionalità per portare l’uomo oltre la razionalità.
La fede non è fatta di miracoli: è impastata con il coraggio dell’amore e la fiducia per il domani.
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Apriti!»... apriti a te stesso, apriti agli altri, apriti a Dio... e aprirai gli occhi, le orecchia e la bocca su te stesso e su chi ti vive accanto. Coraggio allarga il tuo cuore. Apriti alla vita. Affacciati a una visione più ampia dell’esistenza.
Pastore Giuseppe La Torre