Lc 14,1.7-14
Umiltà e autostima
Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
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Allora Gesù raccontò agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: «Cedigli il posto!». Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: «Amico, vieni più avanti!». Allora ne avrai onore davanti a tutti i com-mensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i vicini ricchi, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
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È forse anche questo il nostro comportamento? Chi invitiamo noi? Chi amiamo frequentare?... Gli amici, i nostri parenti, i vicini di una certa importanza, aspettandoci magari di essere contraccambiati… O non invitiamo nessuno: per evitare di essere contraccambiati!
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Nella nostra lista: chi sono le persone che contano e quelle che non contano? Le persone che valgono e quelle che non valgono?
E noi, all’interno di questa lista, in che punto ci collocheremmo?
Scriveva il filosofo Sören Kierkegaard che la felicità è una porta che si apre dall’interno: per aprirla bisogna umilmente fare un passo indietro. In questa frase Kierkegaard, che era credente, coglieva l’insegnamento di Gesù.
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Soprattutto in politica, ma se ci facciamo caso succede anche nella vita di tutti i giorni, sembra che chi urla, chi la spara più grossa crede di essere il più forte o di avere ragione. Nella società, come anche a livello planetario, sembra che accada sempre più spesso e che le battaglie si svolgano a chi sa usare gli slogan e le parole più dure e più efficaci.
La conseguenza è che ci si stia convincendo che l’uomo forte, le parole energiche, le scelte estreme - in quanto tali – sembra siano le più veritiere. Poco importa se la realtà è complessa e va accolta e capita per poter essere cambiata. Uno su mille riesce ad emergere a suon di paroloni, pazienza per gli altri che annaspano nella giungla di questo mondo che impone una lotta senza quartiere per essere visibili, per essere notati, per avere ragione a tutti i costi o anche solo per sopravvivere.
È questa la nostra filosofia di vita o forse facciamo parte dell’altra parte, di quella che vorrebbe e non potrebbe? di quella parte, come direbbe il filosofo Niestche, che non potendo essere dalla parte dei vittoriosi e dei più forti esalta i perdenti, dicendo beati i poveri, i mansueti, i pacificatori, i perseguitati?...
Oggi basta guardarsi intorno per notare come tanti si sfiniscono in selfie, inquieti se non hanno abbastanza likein facebook e seguono con frenesia i vari influencer pensando che siano loro i nuovi modelli.
Uno su mille ce la fa, d’accordo. E gli altri novecentonovantanove?...
Su questo minestrone che ribolle, però, su questi tempi infangati e rissosi, irrompe una Parola sussurrata che non s’impone con la forza della voce o della persuasione, ma con la schiettezza della verità: una Parola capace di orientare, di svelare, di far capire, di illuminare.
Se ci fermiamo a riflettere ci accorgeremmo che in realtà molti non cercano, o non cerchiamo, salvezza, ma salvatori: qualcuno che risolva al posto nostro, senza farci fare troppa fatica, se possibile.
Nel brano che ci sottopone il Vangelo di Luca, Gesù osserva una realtà molto simile alla nostra. Il Signore notava come durante un banchetto, alla presenza di persone importanti, molti sgomitavano per accedere ai primi posti, per avvicinarsi allastar, vera o presunta, della festa, alla persona che contava. Da un lato Gesù ammonisce a non fare figure meschine, ma dall’altro ci parla di un atteggiamento di cui forse non ne siamo molto consapevoli: la voglia di emergere, di apparire, di contare. In poche parole, il Vangelo ci parla di una fragilità sconcertante: far dipendere dagli altri il valore di ciò che siamo… far dipendere dagli altri quanto noi valiamo e chi veramente siamo!
Dietro questa esortazione il Vangelo ci invita a rispondere alla domanda su chi veramente noi contiamo, su chi o su cosa poggia veramente la nostra vita.
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Non credo di dire un’assurdità affermando che troppe volte restiamo inchiodati al giudizio che gli altri danno alle nostre azioni, alle nostre parole o al nostro modo di pensare e di vivere.
Dipendiamo dal giudizio che riteniamo gli altri possano pronunciare su di noi. Di conseguenza il nostro tormento è: “sarò capace?... Avrò fatto bene?”… Avrò parlato correttamente”.
Così facendo ci sforziamo allora di essere come gli altri si aspettano da noi. Bravo genitore, bravi figli, bravo pastore. Dove in quel “bravo” si nasconde un conformismo sociale che non è detto corrisponda al percorso umano, etico e spirituale indicatoci dalla Parola di Dio.
Speriamo, prima o poi, di ricevere un diplomino colorato che attesti la nostra bravura. E se questo non accade sprofondiamo nella depressione o facciamo una scenata terribile per non avere visto riconosciuti i nostri sforzi con la solita frase: “dopo tutto quello che ho fatto”… In realtà mendichiamo un apprezzamento, elemosiniamo una pacca sulla spalla, perché fondiamo la nostra autostima fuori da noi.
Non va così invece!
Non siamo fatti in serie. Ognuno di noi è un pezzo unico.
Inutile pensare di essere delle fotocopie e per ricordarci di questo siamo esortati a volgere lo sguardo all’Unico che sa davvero chi siamo e cosa possiamo diventare.
Gesù ci rivela un modo altro di essere: “non hai bisogno di mostrarti, di apparire: tu vali di tuo”.
L’autostima che nasce nel tuo cuore non è misurata dalle tue abilità, assolutamente no! ma dal dato che in te scorre la presenza gioiosa e rassicurante del tuo Dio.
Anche se non vinci nessuna medaglia… Anche se la tua vita è fatta di piccoli passi: tu vali! Vali per quello che sei pe per quello che stai cercando di essere.
Questo è il messaggio della Scrittura. Sei qualcosa di prezioso agli occhi di Dio. Non importa il tuo limite, né la misura della tua paura né gli errori che commetti cammin facendo. Non importa la malvagità di altri che pesa su di te: tu vali!
Sei qualcosa di prezioso agli occhi di Dio. Perciò non hai necessità di ostentare, di cercare ossessivamente una visibilità che il mondo ti nega o riserva a pochissimi eletti. Tu vali!
Tu valianche se non vincerai mai nessuna medaglia d’oro e la tua piccola vita si perderà nei ricordi di una generazione.
Tu vali! Non svendere la tua dignità, coltiva ciò che hai dentro e se coltivi ciò che hai fuori, che è doveroso curare, sia sempre e solo trasparenza di Colui che vive in Te, facendo riecheggiare nel tuo cuore le parole dell’apostolo Paolo che scriveva: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”! (Galati 2, 20)
I nostri limiti? Un recinto che delimita lo spazio in cui realizzarci.
I nostri peccati? L’esperienza della finitudine e della libertà ancora da purificare, da accogliere da essere umano maturo e da mettere nelle mani di Dio.
Non abbiamo bisogno di metterci ai primi posti o di farci valere a tutti i costi. Solo Dio conosce il nostro cuore, lo conosce più di quanto lo conosciamo noi e, come dice la Scrittura, “Se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore” (1 Giovanni 3, 20).
Un’esortazione, quindi, a non lasciarci travolgere o deprimere dai falsi profeti del nostro tempo: profeti della pubblicità, della politica e dell’opinionismo imperante nei social.
Il nostro nome è scritto nei cieli, cioè nel cuore di Dio.
Ecco da dove nasce l’umiltà, che non è la depressione di noi cristiani, non è la debolezza di esalare i perdenti perché non riusciamo ad esser come i forti, ma l’esperienza gioiosa e feconda di ciò che possiamo realisticamente essere. Sappiamo di essere preziosi agli occhi di Dio. Abbiamo conosciuto la nostra ombra ma allo stesso tempo, infinitamente di più, abbiamo conosciuto la luce della Sua presenza. Nulla è più rassicurante della certezza di essere amati!
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Ogni tanto facciamolo un passo indietro, perché di umiltà non è mai morto nessuno.
Pastore Giuseppe la Torre
Vacallo, 1° settembre 2019